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capitolo iii. — il rapimento. | 21 |
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Il signor di Chivry si assicurò di aver alla cintola le pistole e con un salto fu a terra.
— Mi attenderete qui, — disse rivolgendosi verso il capo. — Intanto imbarcherete il carbone necessario pel ritorno.
— Faccio però osservare a Vostra Eccellenza che può smarrirsi e che io conosco la città, — disse de Aguiar.
— Non andrò lontano per sapere quello che mi occorre. —
Si avvolse nel serapè, si calò sugli occhi il cappello con l’ampia tesa, guardò a destra e a sinistra come per orizzontarsi, poi si allontanò rapidamente inoltrandosi in una larga via, in fondo alla quale si vedevano brillare ancora dei lumi.
Fatti tre o quattrocento passi, si fermò dinanzi ad un albergo, le cui stanze apparivano illuminate.
— Proviamo, — disse, — l’oro non manca. —
Entrò e andò a sedersi ad una tavola isolata ordinando al garzone una bottiglia di vecchio vino di Spagna.
Mentre il garzone stava sturandola, mise sulla tavola una sterlina fiammante dicendo:
— Vuoi guadagnarla? —
Il garzone lo guardò stupito, gettando su quel pezzo d’oro uno sguardo avido.
— È per me, signore?... — gli chiese.
— Sì, se saprai rispondere a quanto ti chiederò.
— Sono ai vostri ordini.
— Conosci i dintorni di Porto Alegre?