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26 | parte i. — l’albatros. |
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Ascoltò dapprima con profondo raccoglimento, poi, volgendosi verso il capo, disse:
— Voi e i quattro meticci sbarcate e seguitemi. Il vostro compagno bianco rimarrà a guardia della scialuppa.
— Dobbiamo prendere le armi? — chiese de Aguiar.
— Sì, e anche delle solide funi. —
I cinque uomini sbarcarono, conducendo con loro il giovane schiavo che pareva si fosse rassicurato.
— Dov’è il sentiero? — chiese a questi il francese.
— Seguitemi, — rispose l’africano, mettendosi a sgambettare fra i cespugli ed i tronchi degli alberi.
I sei avventurieri gli si misero dietro tenendo i fucili sotto il braccio, e procurando di far meno rumore che fosse possibile.
Avevano percorso circa dugento metri, quando il giovane negro si arrestò bruscamente, curvandosi verso terra.
— Cos’hai? — gli chiese il signor di Chivry prendendolo per un braccio e rialzandolo.
— Vengono, — rispose il ragazzo.
— Chi?
— Il marchesino e il suo servo: ascoltate!... —
Il francese tese gli orecchi, ma non udì altro che lo stormire delle fronde; si gettò al suolo e appoggiò un orecchio contro la terra, ascoltando con profonda attenzione.
Un lontano rumore, dapprima confuso, poi distinto gli giunse agli orecchi. Pareva il galoppo serrato di due cavalli.
— Dov’è il sentiero? — chiese, rialzandosi in preda ad una viva emozione.
— Dietro quella macchia! — rispose il ragazzo.
Il francese si trasse di tasca un pugno di monete, e gliele diede dicendo:
— Prendi pel tuo servizio. —
Poi, volgendosi verso uno dei meticci, aggiunse:
— Imbavaglia per bene questo ragazzo e legalo al tronco di un albero. —
Indi si mise a correre in direzione del sentiero, seguìto dal capo e dagli altri tre marinai.