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il treno volante | 167 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Salgari - Il treno volante.djvu{{padleft:169|3|0]]giungendo così i novecento; però a quell’altezza aveva trovato una calma quasi completa. Era molto se riusciva a percorrere sei chilometri all’ora, celerità infima che permetteva ai Ruga-Ruga, rapidissimi corridori, di seguirlo senza alcuna fatica.
— Ottone — disse Matteo, — i banditi non ci lasciano.
— Lasciali correre — rispose il tedesco. — Ormai il Germania non scenderà più.
— È pieno anche l’ultimo cilindro?
— Sì — rispose il tedesco. — Il traditore non ha avuto il tempo di vuotarlo.
— Basterà l’idrogeno a rinvigorire tutti i palloni?
— Sì, Matteo, però dovremo economizzare il nostro gas. È vero che abbiamo qui tanti oggetti inutili che possono alleggerire considerevolmente il nostro treno.
— Potremo portare il tesoro? — chiese l’arabo.
— Lo spero.
Il Germania si avanzava sempre lentamente sopra quelle vastissime pianure erbose. I Ruga-Ruga lo seguivano correndo, saltando, sparando di quando in quando dei colpi di fucile inoffensivi, non potendo le loro palle giungere a quell’altezza straordinaria pei loro catenacci arrugginiti.
In lontananza si vedevano apparire alcuni gruppi di capanne in parte bruciate e anche un fiume, che doveva essere il Makasumb affluente del Ruaha, gran corso d’acqua questo il quale va a scaricarsi, dopo un corso lunghissimo, di fronte all’isola di Malfia.
— Quando saremo a quel fiume i Ruga-Ruga ci lasceranno — disse l’arabo. — È il confine del loro Stato.
— E dopo quel fiume cosa troveremo? — chiese Matteo.
— Entreremo nell’Ukonongo, possedimento del sultano Karema.
— Un altro barbaro?
— No, anzi si dice che protegga le carovane e che veda di buon occhio gli uomini bianchi nei suoi Stati.
— È lontano il lago Tanganika?