Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
224 | emilio salgari |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Salgari - Il treno volante.djvu{{padleft:228|3|0]]
— Dunque, restiamo qui.
— Altarik verrà ad assalirci — disse Matteo.
— E noi ci difenderemo.
— E questi negri?
— Promettendo loro la libertà ne faremo dei fedeli alleati.
— Non hanno armi — disse El-Kabir.
— Vi sono qui dei macigni che possono supplire vantaggiosamente alle frecce.
— Ed i guerrieri del sultano?
— Ai primi colpi di fucile scapperanno. Hanno troppo paura delle armi da fuoco per impegnarsi in un combattimento.
— Ottone — disse Matteo, — cosa ti pare?
— Il consiglio mi pare ottimo. Quest’oro vale ben di più del nostro treno aereo. Trinceriamoci sulla cinta di questa montagna e aspettiamo l’attacco dell’arabo. Se si mostra non lo risparmierò.
— Ed Heggia?
— Più tardi penseremo a salvarlo.
Mentre si scambiavano quelle parole, l’inglese discuteva animatamente coi venti schiavi. Dopo qualche minuto tornò verso Ottone, dicendo:
— Questi negri sono pronti ad aiutarci, a condizione di essere liberati. Sono tutti robusti e nel loro paese erano guerrieri valenti.
— Pensiamo a fortificarci — rispose il tedesco. — Cercheremo di rendere la cima del colle inespugnabile.
— E poi abbiamo la caverna — disse Matteo. — Un rifugio inattaccabile.
— All’opera — disse Ottone. — Trinceriamoci.
— Lasciate fare a me — disse l’inglese. — Prima di venire in Africa ero ufficiale del genio nell’esercito delle Indie, e di fortificazioni me ne intendo. Voi andate a sorvegliare il sentiero che mette quassù, insieme coi vostri compagni, e a cercare di ritardare, più che vi sarà possibile, l’avanzata del nemico. Quanti colpi avete da sparare?
— Abbiamo cento cartucce ciascuno.