Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
il treno volante | 95 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Salgari - Il treno volante.djvu{{padleft:97|3|0]]
Giunti sotto il Germania, il quale ondeggiava leggermente sotto la spinta del vento, tendendo la corda dell’àncora in modo quasi da spezzarla, il sultano ed i tre aeronauti scesero da cavallo, mentre la scorta si disponeva all’intorno, tenendo in pugno i moschetti e le lance.
— Non avrete paura a salire questa scala di corda? — chiese il tedesco al sultano.
— No — rispose questi risolutamente.
— Quando saremo lassù, darai ordine ai tuoi uomini di staccare l’àncora che si è fissata fra i rami.
— Io vorrei però condurre con me anche Ben-Zuf.
— È impossibile — rispose prontamente il tedesco. — Il mio uccello non può portare più di sei persone.
— Manda giù qualcuno dei negri.
— Mi sono necessari per manovrare le macchine del mio pallone.
— Non potrebbe surrogarli Ben-Zuf?
— Non conosce le manovre.
— È vero — rispose il sultano.
Ordinò a due guerrieri di arrampicarsi sul sicomoro per staccare l’àncora, poi salì coraggiosamente la scala di corda senza dimostrare alcuna apprensione. L’arabo e i due europei l’avevano subito seguito, giungendo felicemente sulla piattaforma.
— Guardate quanta terra abbraccia lo sguardo — disse il tedesco conducendo il sultano a prora.
— Meraviglioso! — esclamò il monarca. — Partiamo, andiamo più in alto, fino a vedere l’Usagara e l’Ugogo. Ah, questi bianchi! Che stregoni!
— Matteo — disse Ottone, — preparati a gettare un quintale di zavorra.
— Basterà per portarci fuori dalle scariche?
— Sì — rispose Ottone. — Il gas è straordinariamente dilatato.
— Lasciate l’àncora! — gridò il sultano ai negri che s’erano