< Pagina:Salgari - La Città dell'Oro.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Il tempio del sole 341

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Salgari - La Città dell'Oro.djvu{{padleft:349|3|0]]

— Accordami cinque minuti.

Poi volgendosi verso i suoi compagni, disse:

— Cosa mi consigliate di fare?

— Arrendiamoci, — rispose il dottore. — Forse non oseranno ucciderci.

— E non si potrebbe fucilare quest’indiano ed impadronirsi del suo canotto? — disse Alonzo.

— E poi avremo addosso quei trenta o quaranta canotti che vedi presso la sponda e due o trecento uomini. Resistere a simile assalto sarebbe una pazzia.

— Arrendiamoci, don Raffaele — ripetè Velasco. — Forse potremo vedere la Città dell’Oro.

— Sia, — disse il piantatore.

— E Yaruri? — chiese Alonzo.

— Cercheremo di ottenere la sua grazia.

Poi volgendosi verso l’indiano che era rimasto impassibile come una statua di porfido, disse:

— Ecco le nostre armi: ci mettiamo nelle mani di Yopi, ma contiamo sul tuo giuramento.

— Gli Eperomerii non giurano invano.

Un istante dopo don Raffaele ed i suoi compagni salivano nel canotto e sbarcavano fra gl’indiani affollati sulla sponda della savana.

Nessun grido di trionfo accolse la loro resa. Furono presi, coricati entro tre amache sospese a tre

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.