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Il regno degli Ascianti | 121 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Salgari - La Costa d'Avorio.djvu{{padleft:143|3|0]]alla cima, poi scomparvero verso l’est fra un clamore infernale di barriti ed uno scrosciare d’alberi e di rami.
— Mille morti!... — esclamò Antao. — Ecco uno spettacolo da far tremare l’uomo più intrepido dei due mondi!...
— Ti credo, — rispose Alfredo. — Pensa cosa sarebbe accaduto di noi, se quella banda d’animali ci avesse trovati sul suo passaggio.
— Ma chi può aver spaventato quei colossi?...
— Forse dei cacciatori d’elefanti.
— Ma è possibile ammettere che così formidabili animali possano venire spaventati da pochi uomini?... Non lo si crederebbe, Alfredo.
— Per natura gli elefanti sono timidi, Antao, e non si rivoltano se non quando vengono feriti.
— Le detonazioni delle armi bastano per metterli in fuga?...
— Talvolta sì, ma quando si vuole farli fuggire basta scagliare contro di loro delle materie infiammate e dei rami resinosi accesi.
— Ma... ed i nostri uomini?... Non verranno travolti da quegli animali?...
— Asseybo li avrà uditi avvicinarsi e si sarà affrettato a mettersi in salvo coi dahomeni.
— Ed i cavalli?
— Saranno fuggiti, non dubitare.
— Ah!... Come sarei stato contento di aver potuto abbattere uno di quei giganti!...
— Se si sbandano possiamo incontrarne qualcuno.
— Si dice che la tromba ed i piedi degli elefanti sono così squisiti.
— È vero, Antao, e spero di farteli assaggiare.
— Possiamo scendere?...
— Ormai non corriamo alcun pericolo. Gli elefanti devono essere già lontani. —
Il portoghese stava per aggrapparsi alle liane che gli avevano servito a salire sull’albero, quando Alfredo lo arrestò, sussurrandogli agli orecchi:
— Non muoverti, guarda!... —