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Prigionieri dei selvaggi 263

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Ad un tratto impallidì orribilmente.

— E Mariquita! — esclamò. — Dovrò perderla io in cambio della vita? No, è impossibile, sarebbe troppo atroce.

— Alzati, — disse lo stregone. — Dobbiamo tornare al nostro villaggio.

— Dimmi almeno, chi è quel capo bianco?

— Te l’ho già detto: è l’uomo che tu volevi andar a liberare. Me lo hai raccontato tu ed io ho subito ordito il tradimento per impedirti di riprendercelo.

È un gran stregone che tutti amano e che nessuno vorrebbe perdere, perchè ha insegnato a noi tante cose che prima ignoravamo. Partiamo. —

L’jacmusa fece un cenno. Le schiere degli Ona si aprirono e s’avanzarono otto uomini scelti fra i più robusti, i quali reggevano una specie di portantina formata da due pelli di guanaco cucite insieme e legate a due lunghissime pertiche. Piotre fu alzato e gettato sulla pelle, senza essere stato slegato. I selvaggi avevano avuto una prova troppo eloquente della sua forza prodigiosa per attentarsi ad allentare le corde che gli stringevano le braccia e le gambe, in modo da impedirgli di fare il più piccolo movimento.

Prima però di coricarsi, Piotre aveva veduto a qualche distanza due altri palanchini, che pareva portassero due altre persone.

— Chi sono? — chiese all’jacmusa che gli si era messo presso onde poter meglio sorvegliarlo.

— I due vecchi dai capelli bianchi, — aveva risposto lo stregone.

— E perchè non li avete uccisi al pari degli altri?

— Al capo bianco avevamo promessa la vita di quattro sole persone, a sua scelta, ed i due vecchi entravano nel numero con te e colla fanciulla.

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