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cap. ix. — i cacciatori d’elefanti 125

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— Ci nasconderemo lassù, — disse. — Il fogliame è folto e gli elefanti non ci scorgeranno.

— L’idea è buona — disse Durga.

— Allora aiutami.

Trovato un tronco non molto grosso, si misero a salire sorreggendosi scambievolmente e raggiunsero uno dei rami più alti, da cui potevano dominare un certo tratto di foresta.

Di lassù scorsero, cinquanta passi più oltre, uno spiazzo quasi sgombro di alberi, dove si erano coricati dieci o dodici elefanti grossissimi, mentre altri tre o quattro vigilavano, aggirandosi intorno ai compagni.

— Come erano vicini! — esclamò il francese, rabbrividendo. — Se continuavamo ad avanzarci ancora un po’, cadevamo in mezzo alla banda. Rimarranno molto tempo fermi? Mi spiacerebbe giungere a Jafnapatam troppo tardi.

— Di solito i loro riposi sono brevi — rispose Durga. — Avendo bisogno di una enorme quantità di nutrimento, sono sempre in moto per cercare frutta e foglie tenere.

— Se ci fossero quì Amali ed i suoi uomini che magnifica occasione per ucciderne parecchi.

— Vi sono altri, che stanno incaricandosene, signore.

— Chi?

— Vedo due uomini che spiano gli elefanti.

— Che cosa vuoi che facciano?

— Sono del mestiere.

— Anche noi siamo in due e abbiamo delle armi da fuoco.

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