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cap. x. — una caccia alle tigri 139

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«Mi precipitai dalla sella. La tigre, in quel momento prese lo slancio e, passando sopra i cani, andò a cadere proprio sulla groppa del mio cavallo. Avevo salvato la pelle per miracolo.

— Che colpo! — esclamò Durga, rabbrividendo. — Io non avrei avuto tanto sangue freddo. Continuate, signore.

— Il cavallo allora si piegò sotto il peso, mandando un nitrito di dolore. Per sua buona sorte la tigre non l’aveva con lui.

«Stizzita di non avermi trovato, lo lasciò subito e tornò fra i due elefanti, saltando come se il suolo fosse cosparso di molle.

«Io ne avevo approfittato per issarmi sopra uno dei due pachidermi, portando con me la carabina.

«Facemmo fuoco contro la belva, ma la sbagliammo tanta era la sua mobilità.

«Ecco però che la tigre si trovava di fronte a due nuovi avversari: i bull-dogs del mio amico.

«I due coraggiosi cani l’assalirono con rabbia, cercando, come è loro abitudine, di azzannarla per le orecchie.

«Le tigre dapprima parve non curarsi del loro attacco; ma quando si sentì mordere le orecchie, descrisse una parabola spaventevole, scagliando i due cani a destra ed a sinistra, poi con due colpi di zampa li spaccò per metà. Tornammo a far fuoco mentre spingevamo gli elefanti.

«La vedemmo accovacciarsi fra le erbe. Sebbene fosse stata ferita ad una spalla, tuttavia era ancora da temersi.

«I cani le si slanciano addosso ed in un baleno

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