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il re bianco. 205

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— Ma possono essere annegati gli altri, — osservò Mariland.

— Lo sapremo, — disse il capitano. — State zitti, e lasciatemi interrogare quest’uomo.

— Sì, sì! — esclamarono tutti.

— Koturè, — riprese il capitano rivolgendosi al selvaggio che pareva ascoltasse con vivo interesse i loro discorsi, cercando di afferrare il vero senso delle parole. — È giovane o vecchio il mio parente di colore?

— Giovane, — rispose l’isolano.

— Ha la barba?

— Sì, e del colore del metallo lucente.

— Bionda vuoi dire. È molto tempo che è sbarcato nell’isola? —

Koturè parve che pensasse un po’, quindi mostrò due volte le dieci dita aperte.

— Venti giorni, — disse il capitano. — Allora quel bianco non è uno dei forzati.

— È evidente, — disse Asthor, — avendo essi abbandonato la nostra nave da pochissimi giorni. Ma chi può essere?

— Sarà qualche naufrago, — rispose Anna.

— Koturè, — riprese il capitano, — come è giunto nella vostra isola quell’uomo?

— È stato raccolto in mare, molto lontano di qui, da alcuni miei amici, — rispose l’isolano.

— E l’avete fatto re?

— Sì, dopo una vittoria riportata contro la tribù del capo Arrou. L’uomo bianco decise la sorte dello scontro, con la sua audacia.

— Io desidero ardentemente di vedere questo mio parente. Se tu mi conduci da lui, ti regalo un fucile e t’insegno il modo di adoperarlo.

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