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EGLOGA DUODECIMA.

barcinio, summonzio, e meliseo.

Barcinio.

Qui cantò Meliseo, qui proprio assisimi
Quaud’ei scrisse in quel faggio: vidi io misero,
Vidi Filli morire, e non uccisimi.

Summonzio.

O pietà grande! E quali Dii permisero
A Meliseo venir fato tant’aspero?
Perchè di vita pria non lo divisero?

Barcinio.

Quest’è sol la cagione ond’io mi esaspero
Incontra ’l cielo; anzi m’indrago e invipero,
E via più dentro al cor m’induro e inaspero;
Pensando a quel che scrisse in un giunipero:
Filli, nel tuo morir morendo lassimi:
O dolor sommo a cui null’altro equipero!

Summonzio.

Questa pianta vorrei che tu mostrassimi,
Per poter a mia posta in quella piangere:
Forse a dir le mie pene oggi incitassimi.

Barcinio.

Mille ne son che qui vedere e tangere
A tua posta potrai: cerca in quel nespilo:
Ma destro nel toccar, guarda nol frangere.

Summonzio.

Quel biondo crine, o Filli, or non increspilo
Con le tue man, nè di ghirlande infiorilo;
Ma del mio lacrimar lo inerbi e incespilo.

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