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Nel farò spesso ritornare a dietro.
Chi fia, s’impetro dalle mie venture
Ch’oggi sicure vi conduca al varco,
Più di me scarco? o pecorelle ardite,
Andate unite al vostro usato modo.
Che, se ’l ver odo, il lupo è qui vicino:
Ch’esto mattino udii romori strani.
Ite, miei cani, ite, Melampo ed Adro,
Cacciate il ladro con audaci gridi.
Nessun si fidi nell’astute insidie
De’ falsi lupi che gli armenti furano;
E ciò n’avviene per le nostre invidie.
Alcun saggi pastor le mandre murano
Con gli alti legni, e tutte le circondano;
Che nel latrar de’ can non si assicurano.
Così, per ben guardar, sempre n’abbondano
In latte e ’n lane, e d’ogni tempo aumentano,
Quando i boschi son verdi, e quando sfrodano.
Nè mai per neve il marzo si sgomentano,
Nè perdon capra, perchè fuor la lascino:
Così par che li Fati al ben conseutano.
A’ loro agnelli già non noce il fascino;
O che sian erbe o incanti che possedano;
E i nostri col fiatar par che s’ambascino.
Ai greggi di costor lupi non predano:
Forse temon de’ ricchi: or che vuol dire,
Ch’a nostre mandre per usanza ledano?
Già semo giunti al luogo ove il desire
Par che mi sprone e tire,
Per dar principio agli amorosi lai.
Uranio, non dormir, destati omai:
Misero, a che ti stai?
Così ne meni il dì come la notte?

Uranio.

Montano, i’ mi dormiva iu quelle grotte;

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