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lettere di fra paolo sarpi. | 147 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:155|3|0]]tanta virtù (il che io non credo) che possa sostentare quell’assoluto governo, farà miracoli, almeno per quanto tocca le cose umane; ma se altrimenti, aspetto che in breve sarà fatta una lega con rovina del regno.
I nostri hanno perduto il zelo, perchè il papa procede con ogni mansuetudine, come anco perchè per quella via non si ascende: indizio manifesto, che il passato non era da Dio; il perchè non è da maravigliarsi s’è restato senza effetto. Si aggiunge bene, che dubitando qualche cosa da’ Turchi, pare che bisogni trattenersi col papa e con Spagna; e così Dio si lascia indietro. Non veggo altro rimedio per conservare o nutrire quel poco che resta, se non venendo molti agenti di principi riformati; e massime de’ Grisoni, perchè questi farebbono l’esercizio in italiano.
I Gesuiti, benchè assenti, non fanno manco male qui che costì, con lettere e instromento di preti e frati confessori: i quali non mi maraviglio se possedano costì la regina, perchè l’adulazione è mezzo potente per aver la grazia, massima de’ deboli. Ho letto la rimostranza presentata per nome dell’Università, molto bella scrittura e degna di monsieur l’Eschassier, se è sua. Quel particolare che non si sia trovato avvocato per l’Università se non comandato, può ben esser documento che la potenza dei padri Gesuiti è insuperabile. Io mi son riso dell’offerta di sottoporsi alli statuti dell’Università; perchè essi, quando ricercano l’ingresso in qualche luogo, non restano di fare qualsivoglia promessa, avendo arte di salvarsi di mendacio con le equivocazioni e riservazioni mentali; e, quel che importa più, di sormontar quelli che gli avranno obbligati,