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xviii | prefazione |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:18|3|0]]credibile, il nome dell’amico, al quale scrive Plinio, è certo che quella lettera fu citata a torto per dimostrare la povertà di Quintiliano durante il regno di Trajano. Deve ritenersi per conseguenza che la settima satira fu composta in quel tempo.
Facendoci ora a indagare chi fosse che esiliò Giovenale, parrebbe che il ragionamento da farsi dovesse esser questo. Se merita fede la voce unanime degli antichi, che causa di tale esilio furono i versi della settima satira, nei quali si rinfaccia indirettamente all’Imperatore di lasciarsi condurre per il naso da un istrione, e di concedere le prime magistrature ai favoriti di lui; se d’altra parte è vero che la detta satira fu scritta al tempo di Trajano, vuol dire che Trajano e non altri dovette essere l’esiliatore. E così di fatti hanno argomentato non pochi. A costoro io rispondo: l’essere stata la settima satira composta sotto Trajano è anzi la prova più certa che questo Imperatore non ebbe che fare coll’esilio del poeta, e che tutta l’odiosità di esso ricade sul suo antecessore Domiziano. Fu già notato poco sopra che questa satira comincia con un elogio alla liberalità e munificenza dell’Imperatore verso li studj. Vi par egli dunque ragionevole che Trajano, il quale si sentiva così lodare, e sapeva che il lodatore non era di quelli che lodano per vendere e biasimano per comprare, ma sì lo scrittore forse più libero di quel tempo; potesse vedersi anche