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DI GIOVENALE 101

Oh guai! se quando Ei parla, tu ti provi A metterci la bocca, qual se fossi Un uomo come gli altri: " bastonato, Come Caco da Ercole, saresti, E strascicato fuori per le cianche, E lasciato colà. - Si dà mai caso, Che alla salute tua beva Virrone, che si giovi di toccar la tazza. Ove tu accosti i labbri? E chi di voi È tanto temerario e rompicollo Che si senta di dir «trinchi, Eccellenza?» Son molte cose che a dir non s’attenta Un uomo, che la toga abbia intignata. Se un Nume, o pari ai Numi, e, de’ tuoi fati Migliore, un omiciatto purché sia Ti donasse un bel giorno quattrocento Mila sesterzi; che gran barbassoro Diverresti dal nulla! e come amico Di Virrone! «su, lesto, servi Trebio: Dà prima a Trebio: vuoi tu, fratel mio. Di questi fegatini?» - dindi, dindi! Quo gestu lepores et quo gallina secetur. Duceris pianta, velut ictus ab Hercule Cacus, 125 Et ponere foris, si quid temptaveris umquam Hiscere, tamquam habeas tria nomina. Quando propinai Virro libi sumitve tuis contacta labellis Pocula? quis vestrum teraerarius usque adeo, quis Perditus, ut dicat regi: «bibe?» Plurima sunt, quae 130 Non audent homines pertusa dicere laena; Qnadringenta tibi si quis deus aut similis dis Et melior fatis donaret homuncio, quantus Ex nihilo, quantus fieres Virronis amicus! «Da Trebio! pone ad Trebium! vis frater ab ipsis 135

llibus?» - nummi, vobis hunc pracstat honorem.

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