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alla satira sesta 167

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:279|3|0]]per non raffreddare, indossavano un gran soprabitone di lana col pelo detto endromide. Qui dunque si riprende nelle donne la passione che avevano di lottare come gli atleti. Dice Plinio naturalista che l'arte gladiatoria era venuta così di moda, che si vedeano molte donne esercitarsi in quella, e scendere a combattere fra loro nell'anfiteatro per mostrare la loro abilità e intrepidezza.

47 Dice uno scoliasta che nei giuochi di Flora si facevano delle lotte da meretrici ignude.

48 Ricordati del nostro proverbio: donna che fuma e donna che guida, è un minchion che se ne fida.

49 In certi combattimenti si sporgeva innanzi il piede e la gamba sinistra: però questa si difendeva dal ginocchio in su con una gambiera o cosciale.

50 Il testo ha Scaphium: e i più lo spiegano per quel vaso in forma di navicella ad uso di orinare per le donne, e che i Latini chiamavano matula o matella per distinguerlo da lasanum, che era tondo e proprio degli uomoni. Il Grangèo invece crede che fosse una specie di acconciatura che le donne portassero in capo. È fuor di dubbio però che qualunque sia il significato di questo vocabolo, qui sta a indicare un oggetto esclusivamente ad uso muliebre: il quale ripreso da quelle spadaccine dopo aver deposte le armi, sotto le quali eran forse a taluno sembrate uomini, mostrava chiaro il loro sesso, e moveva naturalmente al riso. Ed io, dia per decenza, sia perchè non abbiamo in italiano una parola d'uso a significare quella specialità di vasi femmineschi,mi sono attenuto alla seconda interpretazione, che mi pare anche la più verosimile e adattata al caso.

51 Un gladiatore noto in quel tempo.

52 È Quintiliano che risponde.

53 Il poeta qui si trasporta sul luogo, e dice alla donna che si difenda da sè contro il marito; ed essa lo fa, e come bene!

54 Confronta questo luogo di Giovenale con quei versi, dove Dante dipinge l'amabile semplicità dell'antiche donne fiorentine. Par., XV, 97.

55 Tutte città che aveano fama di corrotte e di lussuriose.

56 Le parole del poeta sono: «qua sorbeat aera sanna Tullia» che tradotte alla lettera suonano: con quale storgimento di bocca Tullia tiri a sè l'aria: e con ciò ha voluto esprimere quegli atti che alcuno fa colla bocca, quando vuol

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