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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Persio).djvu{{padleft:108|3|0]]colorito, che sensitivi alla venustà dello stile e all’urbanità de’ concetti pospongono Orazio a Persio e a Giovenale, io mi sarò contento di porre per massima questa lode di Persio, di aver esso il primo nobilitata la satira, vestendola di Socratico paludamento, e di aver parlato della virtù non come cinico ed incoerente aretologo che morde il vizio per passatempo, ma come gravissimo Sofo che tende seriamente all’emendazione del vizio, meno sollecito di brillare che d’istruire. Egli ha spogliata la satira di quell’odiosa idea che seco porta il suo nome, sollevandola al nobilissimo officio di amica della virtù, e di rigida persecutrice del vizio solo; laddove Orazio coll’arme acutissima del ridicolo mette qualche volta in timore la virtù stessa, e le toglie la confidenza di se medesima per quei difetti, che inseparabili dalla mortal condizione accompagnano anche i caratteri più generosi. Il ridicolo non risparmia le stesse qualità più eccellenti; e Socrate, il più virtuoso tra gli uomini, diventa oggetto di riso sotto la sferza del buffone Aristofane. Si ha delle armi contro l’arroganza, contro la calunnia, contra l’insulto, ma nessuna contra il ridicolo. Concludo che al tribunale d’Orazio verun difetto è sicuro; e l’umana virtù, che mai n’è disgiunta, sta continuamente in sospetto di se medesima. Al tribunale di Persio non trema che il vizio.
Ciò dunque che cercasi da’ sapienti nello scrittore filosofo, indignazione col delitto, orgoglio colla fortuna, contumelia coll’ambizione, acrimonia colle turpi passioni, ciò tutto si è adempito da Persio rigorosamente, e la sua filosofia a petto dell’Oraziana è una vereconda matrona accanto ad una frizzante ed amabile cortigiana. E queste sono le precipue discrepanze che parmi di ravvisare fra il sistema morale de’ due satirici di cui parliamo. Quanto allo stile: castità di lingua, grazia di narrazione, attico sale, ed una certa inimitabile leggiadrìa che si diffonde perennemente per tutte le membra del suo discorso, sono le virtù eminenti e sentite dello stile Oraziano nel didascalico. Persio è grandemente al dissotto di tutte queste prerogative, ma più acre, più rapido, più unito. Orazio disegna con grandissima accuratezza, e non trascura un capello. Persio tira il pennello alla maniera del Caravaggio, e ti presenta una testa con un tratto di linea. A queste dissimiglianze aggiungi l’altra dell’artificio poetico. L’esametro d’Orazio somiglia bene spesso più al numero della prosa, che a quello d’un linguaggio soggetto a certe regole d’armonia. Questo troppo sprezzamento di