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Or non è veramente avventurosa
  Di quel vate la cenere? e su l’ossa
  54Più lieve il cippo sepolcral non posa?
Non vuoi che l’ombra a quel plauso riscossa
  Si ringalluzzi, e nascan le víole
  57Dal fortunato rogo e dalla fossa?
Tu scherzi, mi rispondi, e non si vuole
  Poi tanta muffa al naso. Ov’è chi sdegni
  60Alte d’applauso popolar parole?
E lasciar versi, che di cedro degni
  D’acciughe nè d’aromi abbian paura?
  63O tu, chiunque io finsi a’ miei disegni
Avversario; non io, se per ventura
  Scrivo alcun chè di meglio, (e raro uccello
  66È questo meglio nella mia scrittura)
Non io temo la lode, chè baccello
  Non son: ma dell’onesto io non colloco
  69L’ultimo fin ne’ tuoi: oh bravo! oh bello!
Pesa quel bello: a che riesce il gioco?
  L’Ilíade d’elleboro bríaca
  72D’Azzio i’ non vengo a sdolcinar; tampoco
L’elegíuzze, che indigesto caca
  Il patrizio, nè quanto altri in forbito
  75Desco di cedro a scrivacchiar si sbraca.
In tavola tu sai caldo arrostito
  Dar di scrofa il saíme, e al lodatore
  78Morto di freddo un ferrajol sdruscito.
Parlami il ver, gli dici, ho il vero a core.
  Come parlarlo? Il vuoi da me? La fogna
  81D’un ventre sporto un piede e mezzo in fuore

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