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L’altro lo scialbo ventre d’indigesti
  Cibi infarcito giù nel bagno affonda,
  144L’alito pregno di sulfuree pesti.
Indi al soverchio sbevazzar seconda
  La parlasia, che il calido bicchiere
  147Dalla mano gli sbalza tremebonda.
Croscian scoperti i denti, e dalle nere
  Pendule labbra gli casca il guazzetto.
  150Quindi le tube, e le funeree cere.
Steso e beato alfin nel cataletto,
  E d’aromi inzuppato, irrigiditi
  153Slunga ver l’uscio i piè: poscia in berretto
L’indossano i da jer fatti Quiriti.
  Poni or, misero, al cor la destra, e tenta
  156I polsi. Come van? G. Freschi e spediti.
P. Delle mani, e de’ piedi esperimenta
  L’estremità. G. Son calde. P. A maraviglia.
  159Ma se gran mucchio d’ôr ti si presenta,
Se donzelletta di leggiadre ciglia
  Molle sorrise dal balcon vicino,
  162La díastole, di’, non si scompiglia?
Freddo di duri erbaggi ecco un catino,
  E vil focaccia di farina scossa
  165Da setaccio plebeo. Via, signorino,
Proviam la bocca. Ohimè! che ti s’infossa
  Nel tenero palato una postema,
  168Cui non bisogna esasperar con grossa
Bieta. Dici esser sano; ed or la tema
  D’ariste in guisa il pel t’arriccia, or ratto
  171L’occhio dall’ira disfavilla, e trema.

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