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Ecco onde trarre il dir. Con teschi e piedi
  Mense imbandite lasciale a Micene,
  24Ed umile a plebeo desco ti siedi.
P. Non io certo m’adopro, che ripiene
  D’alte ciance mi scoppino le carte
  27Atte a far granchi comparir balene.
Siamo a quattr’occhi, ed a scrutinio or darte,
  Esortante la Musa, il cor vogl’io;
  30E quanta di quest’alma intima parte
Sia tua, mi giova a te far chiaro, o mio
  Dolce amico. Quì picchia, a questo seno,
  33Tu che scerni il buon vaso al tintinnío,
E il parlar, che par vero, e al ver vien meno.
  Gli è per ciò che oserei chieder le cento
  36Bocche, onde quanto di te il petto ho pieno,
Manifestarlo con sincero accento,
  E tutto aprir del cor segreto omai
  39Il celato ineffabil sentimento.
Ratto che paventoso abbandonai
  La custode pretesta, ed ai succinti
  42Lari la borchia pueril sacrai;
Quando la bianca toga e amici infinti
  Per tutta la Suburra impunemente
  45Gli errabondi miei sguardi ebber sospinti;
Quando dubbia è la via, quando inscíente
  L’error d’esperíenza, nel sospetto
  48Rattien sul bivio ingannator la mente;
Io mi ti diedi: e tu me giovinetto
  Nel socratico sen prendi, e tua norma
  51Con dolce inganno il torto andar fa retto.

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