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Sol tre tempi imitar la leggerezza
  Del saltator Batillo. — Io, di’ che vuoi,
  174Io son libero. — Tu? nella cavezza
Di tanti affetti? E libertà po’ poi
  Chi la ti diè? Fuor quella, in che ne pone
  177Il pretor, divisarne altra non puoi?
Ti dica alcun: va, recami, garzone,
  Le stregghie al bagno di Crispin. Se a caso
  180Ti garrisce: a che stai, pigro ciarlone?
L’aspro comando non t’arriccia il naso?
  Dal sospetto d’offesa esteríore
  183Per tutti i nervi non ti senti invaso?
Ma se ti nasce il tuo tiranno in core,
  Stai tu meglio che il servo a portar mosso
  186Le stregghie dalla sferza e dal timore?
Pigro russi il mattino; e sorgi, adesso
  L’Avarizia ti grida: animo, in piedi.
  189Tu il nieghi; ell’insta: su poltron. — Non posso.
— Sorgi, ti dico. — Per che far? — Mel chiedi?
  Sarde e stoppe dal Ponto, ebano e pelo
  192Castoreo, e incenso e dolce Coo provvedi.
Primo il pepe novel togli al camelo
  Sitibondo; baratta, inganna, e giura.
  195— Giove udrà. — Gnoccolon! ridotto al gelo
Col dito leccherai la raschiatura
  Del rigustato salarin, se vuoi
  198Viver di Giove nella pia paura.
Ed ecco che succinto a’ servi tuoi
  Già le bisacce adatti ed il barile.
  201Presti, alla vela. E già l’Egeo tu puoi

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