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  Offro, e al Genio del Duce. Osa impedirlo!
  50Guai se fiati. Alla plebe olio e pan-carne
  Darò. Il vieti? ti spiega. Abbiam quel campo
  Vicin, vuoi dirmi, ancor sassoso. Orsù.

  Nè cugina io non ho, nè pronipote,
  Nè zia paterna; la materna è sterile,
  55Niun dell’ava riman. Vo’ alle Boville,
  Se mi secchi, e all’Ariccia, e scrivo erede
  Manio. — Un oscuro? — Se mi chiedi il quarto
  Mio padre, a stento troverollo. Ascendi
  Ancor due gradi, e oscuro è il ceppo. Or Manio
  60Può star, che scenda dal maggior mio nonno.

  Tu, più prossimo, a che nel corso or chiedermi
  La lampa? Dio Mercurio a te vengh’io
  Con la borsa: la vuoi, o non la vuoi?

  — Manca alcun chè. — Per me l’ho speso: il resto
  65Qualunque è tuo. Di Tadio non cercarmi
  Il legato, nè farmi il padre adosso,
  Col dir: sparmia la sorte, e spendi il frutto.

  — Ma che resta? — Che resta? Ehi, ragazzo, ungi,
  Ungi più l’erbe. A me, le feste, urtica,
  70E teschio appeso per l’orecchie al fumo?
  E d’oca entragni al mio nipote, ond’egli
  Con palpitante e vagabonda coda
  Pisci in conno patrizio? Io scheltro, ed esso
  Tremante per grassezza epa di prete?

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