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il principio di relatività e i fenomeni ottici | 67 |
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In breve: nessun fenomeno il quale avvenga tra più corpi, di cui siano conosciuti i moti rispetto ad un sistema naturale di riferimento, permette di decidere se il sistema stesso sia in stato di quiete o di moto.
È questo il principio di relatività, a cui tutti i fatti meccanici soddisfano. Si ha ragione di ritenere che il suo campo di applicazione sia molto più esteso, che si tratti veramente di una legge naturale valida per ogni ordine di fenomeni, come l’enunciato stesso dichiara. Ma poichè le conseguenze di quella legge, in certe regioni della fisica, sembrano in contrasto con i risultati di teorie classiche, la verifica del principio di relatività, convenientemente precisato, non è superflua.
La questione si impone per l’ottica (e per l’elettrodinamica di cui quella è caso particolare). Si tratta di stabilire se un fenomeno ottico, nel quale si tenga conto esclusivamente dei corpi materiali che vi prendono parte e dei mezzi materiali che la luce attraversa, possa dare qualche indizio sul moto di quei corpi o di quei mezzi rispetto ad un particolare sistema, di riferimento (l’etere in quiete assoluta). Solo quando la risposta sia negativa, diremo, con Einstein, che il fenomeno soddisfa al principio di relatività.
I fenomeni ottici entro un sistema in quiete relativa.
Conviene, per maggior chiarezza, esaminare anzitutto il caso che gli strumenti, i mezzi, tra i quali ha luogo il fenomeno, siano in quiete gli uni rispetto agli altri. Supponiamo, per precisar le idee, che la sorgente luminosa, gli specchi, i prismi sui quali la luce si riflette o si rifrange, siano fissati sulla superficie terrestre. Dipenderanno le particolarità del fenomeno dall’angolo che il raggio luminoso forma colla direzione del moto della Terra sulla sua orbita?
Lo spirito geniale di Arago si è proposto la domanda, ed ha tentato di rispondervi coi mezzi di cui la fisica disponeva al principio del secolo scorso. La risposta fu negativa; egli la comunicò al Fresnel, invitandolo a trovarne la spiegazione in base alla teoria ondulatoria che allora, si stava formando. Il Presnel, in una celebre lettera del 1818, osserva che la spiegazione più naturale si otterrebbe supponendo che l’etere fosse trasportato dalla Terra nel suo moto; egli però non vi si ferma, sembrandogli quella ipotesi incompatibile col feno-