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il fenomeno religioso | 107 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. VII.djvu{{padleft:115|3|0]] d’osservazione e di raziocinio. Una forte ed intensa affettività, infatti, prevalente esclusivamente e durevolmente su tutte le altre, per la sensibilità che acuisce verso certe sensazioni e che ottunde verso certe altre, per l’evocazione che desta o ravviva di certi ricordi e che ostacola o affievolisce di certi altri, per la direzione che imprime al processo imaginativo, e per la meta che assegna a quello raziocinativo, perviene a produrre ed a secernere solo quegli stati mentali che direttamente o indirettamente la alimentano, la rafforzano o la soddisfano, mentre riesce ad escludere tutti i restanti che siano con essa incompatibili. Selezione affettiva degli stati mentali che, esercitata dal sentimento religioso di paura, può essere atta a spiegare il perdurare delle credenze conformi a tale sentimento, sebbene di continuo smentite dalla realtà.
Senonchè, lasciato libero che fosse stato ciascun singolo individuo di osservare e giudicare a suo piacimento, senza alcuna suggestione esteriore, quanto avviene nel mondo intorno a lui, mal si comprenderebbe — visto che in nessun tempo e in nessun luogo le sue condizioni naturali di vita sarebbero certo state tali da porlo in istato di continuo terrore — come avrebbe potuto nascere e mantenersi in lui un’affettività religiosa sì intensa da opporsi con tanto successo all’esperienza stessa quotidiana più evidente. E d’uopo quindi ricorrere, appunto, a qualche opera di continua suggestione esteriore, esercitata dalla collettività, che abbia alimentato e rafforzato artificialmente, presso ogni individuo e in ogni momento della sua vita, quello stato di paura religiosa che le sole circostanze naturali non avrebbero potuto produrre che presso alcuni e solo occasionalmente.
E così il problema psicologico non è di per sè completamente risolubile se prima non si risolve quello sociologico, relativo all’esistenza d’un tal organo sociale di suggestione religiosa.
Secondo il principio Lamarckiano, che vige tanto per l’organismo animale che per quello sociale, il solo fatto dell’esistenza d’un organo implica l’utilità per l’organismo della funzione esercitata dall’organo stesso. Ed è, anzi, all’esercizio d’una tale funzione, richiesto e mantenuto attivo dai bisogni o dalle necessità di vita dell’organismo nel suo complesso, che va attribuito il formarsi e l’evolversi graduale dell’organo