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il fenomeno religioso | 119 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. VII.djvu{{padleft:127|3|0]] tinuo la tendenza a disgregarsi e a distaccarsi l’una dall’altra senza il legame psichico artificiale con cui le teneva avvinte la religione, — diveniva, invece, via via meno sentito a mano a mano che si formava e si consolidava quel legame sociale, ben più naturale e più possente, costituito dall’infinità di rapporti economici che nascono appunto dalla divisione del lavoro quanto più essa si specializza e si estende, e che rende le varie unità o parti sociali materialmente e indissolubilmente tutte dipendenti fra loro. Al consolidamento sociale religioso si sostituisce così quello economico; e alla «comunione psichica» succede quel senso di solidarietà sociale, non effetto di suggestione ma di ragionamento.
Infine, la guerra che, come abbiamo visto, non era che la continuazione, sotto forma collettiva, della lotta individuale presociale, da cronica quale era, quando era prodotta essenzialmente dalla pressione allo stadio acuto della popolazione sulle sussistenze, ha finito per succedere solo discontinuamente e a farsi poi sempre più rara.
Parallelamente, infatti, all’opera distruggitrice della guerra andavano di continuo progredendo i perfezionamenti produttivi, in parte occasionati dalla guerra stessa, — come, p. es., la schiavitù, che rendeva possibile per la prima volta un’embrionale divisione del lavoro e che coll’istituire il lavoro coatto lo rendeva per ciò stesso più continuo e più intenso e meglio coordinato con quello degli altri, o come, p. es., la fusione di piccoli gruppi in gruppi sociali sempre maggiori, che permetteva una specializzazione ed estensione della divisione del lavoro sempre crescenti, — e in parte ancora maggiore dovuti alla normale evoluzione economica interna, promossa incessantemente dalla pressione alimentaria medesima nel suo stadio moderato. Tali continui perfezionamenti produttivi rendevano via via sempre più raro l’acutizzarsi brusco della pressione sociale sugli alimenti, che spingeva necessariamente alla guerra; e, nel tempo stesso, grazie all’aumento assoluto della popolazione e della densità di quest’ultima che essi permettevano, rendevano la guerra sempre meno adatta a risolvere tale pressione coi soli mezzi distruttivi, quali il cannibalismo, le razzie di armenti, o la decimazione del nemico con occupazione conseguente del territorio pascolativo o coltivativo di quest’ultimo.
Senonchè, a misura che la pressione alimentaria propriamente detta cessava di essere essa causa diretta della guerra,