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l’opera di j. h. van ’t hoff 73

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Scientia - Vol. X.djvu{{padleft:81|3|0]]ad ammettere cioè l’esistenza di complessi fra le molecole del solvente e le molecole o gli ioni disciolti, è innegabile. Ma ciò non costituisce affatto una contraddizione colla teoria di van ’t Hoff, sono anzi sostenitori convinti di questa che hanno iniziato il nuovo indirizzo.

La teoria di van ’t Hoff è una teoria limite anche in questo senso: essa corrisponde alla concezione puramente fisica della soluzione, in cui il solvente non ha alcuna funzione, all’infuori di quella di diluire, di allontanare fra loro le molecole della sostanza disciolta; la realtà si scosta più o meno da questo schema. Le deviazioni non hanno che un effetto insignificante fin che si tratta di soluzioni assai diluite e di solventi particolarmente indifferenti; quando queste circostanze cessano, essi non sono più trascurabili.

Accade spesso così nella storia della Scienza: a un certo punto sembra che due dottrine siano assolutamente opposte l’una all’altra; dalla lotta una esce vincitrice. Ma il tempo mostra poi che la contraddizione non era in tutto necessaria come era apparso sul primo fervore; che ognuna delle due rappresentava una soluzione troppo estremista e semplicista del problema e che anche la teoria soccombente conteneva germi di verità suscettibili di sviluppo e di adattamento.

Come osserva il Walden, venti anni fa a Leeds sembrava che ad una teoria chimica degli idrati si contrapponesse in modo inconciliabile una teoria fisica delle soluzioni: oggi Pickering può avere la soddisfazione di vedere il risorgere della sua idea dei complessi col solvente, ma questa non si presenta più come la negazione, ma come un utile integrazione delle vedute vanthoffiane. Spetta a Ciamician il merito di avere pel primo preconizzato questo nuovo indirizzo, proponendo fino dal 1891 di ammettere la formazione di questi solvati per spiegare la dissociazione elettrolitica.

Permettetemi infine di richiamare la vostra attenzione sull’influenza che sulle questioni ora trattate esercitano necessariamente i più recenti studii sul moto browniano e sulla natura dei colloidi. Queste brillanti ricerche hanno stabilito il passaggio continuo dalle dispersioni grossolane alle soluzioni vere e proprie ed hanno data per la prima volta una dimostrazione plausibile dell’esistenza reale delle molecole e pertanto della natura cinetica delle pressioni gassosa ed osmotica. Esse vengono cioè a confermare anche quella veste

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