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sempre così | 143 |
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Non avea che una veste ornai consunta,
E il biondo crine, unico suo tesoro.
Nell’estremo squallore in ch’era giunta,55
Bella era ancor de’suoi capelli d’oro.....
L’immonda arpia le disse alla dimane:
Dammi il tuo crine, io ti darò del pane.
Chi nasce al mondo povero d’oro,
Venda a’ più ricchi la sua beltà;60
Chi giorno e notte passa al lavoro,
Di lunghe trecce d’uopo non ha.
Veglia e lavora, paga il tuo pane.
Da mane a sera, da sera a mane.
Veglia e lavora sempre così65
Fino alla fine de’ tuoi brevi dì.
Sempre così!
Tornò il suo damo, fatti i suoi cinqu’anni,
Memore ancora dell’antico amore.
Vide del tempo e dell’inedia i danni,70
E divinò ciò che non par di fuore.
Taciti si guardaro e i propri affanni
Sfogaro entrambi in un comun dolore,
Ch’eran soli ambidue, senza parenti,
Dal duolo affratellati e dagli stenti.75
Oh! s’egli fosse ancor qual era innante,
Giovane e forte a maneggiar la scure!
Ma lunga febbre le sue membra ha frante,
Nè la man più gli regge all’opre dure!
Miseri entrambi, almeno un breve istante80
Sia lor dato obbliar le lor sventure,
E in un bacio d’amor morir congiunti.....
Ma l’arpia li persegue, e li ha raggiunti:
Troppo è di prole fìtta la terra,
Per voi l’amore fatto non è.85
Ciò che non miete provvida guerra,
Spegna l’inedia col lento piè.