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il collare di budda 119

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:121|3|0]]propria; e il lavoro di tredici ore, dalle otto della mattina alle sei e dalle otto della sera alle undici, gli era sembrato, dopo molti e profondi calcoli, degno di tre lire al giorno soltanto. L’entrata dunque e l’uscita si pareggiavano. Anzi, di quando in quando gli veniva il sospetto di essere un cervello sventato; e allora resecava un po’ sulle spese, sicchè del proprio guadagno effettivo aveva messo da parte un centinaio di lire, più qualche centesimo, destinate in casi straordinarii a certi matti dispendii. Non è male che un giovine previdente si prepari così un fondo di cassa disponibile agli ultimi estremi per una qualche pazzia.

Il momento della pazzia, una vera ed improvvisa pazzia, era venuto. Sulle donne Gioacchino aveva delle idee molto sentimentali. Non gli piacevano quelle che si fanno pagare; ma dall’altra parte a quelle che non si fanno pagare non sembra che Gioacchino piacesse troppo. Con le ragazze ci sono gl’impegni e spesso le noie de’ fratelli o del padre; quanto alle donne maritate, la moralità sua lo salvava dal pensarvi, e anche un poco la paura dei mariti bisbetici. Così dunque il nostro giovine, con la sua faccia d’un pallore giallastro, gli occhietti bigi, le labbra grosse violacee, il pizzo rado, le guance infossate, la testa quasi pelata, magro come uno stecchino, viveva in una castità molto impaziente.

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