< Pagina:Senso.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
122 il collare di budda

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:124|3|0]]s’altro per dieci minuti, dalla Banca di Sicurtà; vi sarebbe tornato la sera tardi, se la fanciulla e la vecchia mamma non glielo avessero proibito, dicendo che andavano sempre a dormire innanzi i polli, e che non intendevano mettere a repentaglio nel vicinato il loro nome di donne oneste. Fatto sta che il settimo giorno, a contare dal primo incontro, la vecchia strappò al giovinotto ancora trentacinque lire. Ma Irene gli voleva tanto bene, gli si buttava addosso con tanto furore, che era un incanto! Aveva anzi il caro costume di morsecchiare; e Gioacchino, la sera, spogliandosi, guardava con infinita compiacenza le lividure delle proprie carni.

Un dopo pranzo (si conoscevano da nove giorni) la fanciulla era più gaia e Gioacchino anche più acceso del solito.

Irene gridò improvvisamente:

— Voglio mostrarti d’un colpo tutto quanto il mio amore — e si avventò contro di lui e, afferrandolo per le spalle, lo girò, e sotto alla nuca gli diede un gran morso con que’ suoi denti taglienti e puntuti.

— Sangue, sangue! — ripeteva sghignazzando.

E Gioacchino, benchè gli facesse un poco male, e sopra tutto gli rincrescesse che il goletto e la cravatta avessero ad imbrattarsi, rideva anche lui con quella sua faccia sparuta e squallida, e si asciugava la ferita con la pezzuola.

Erano quasi le otto. Uscì felice, toccandosi

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.