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il collare di budda | 127 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:129|3|0]]innanzi alla Farmacia di Santa Fosca, di cui conosceva il principale, vi entrò difilato. Giunto al banco starnutò. L’aria impregnata degli odori di droghe, di olii, di mantecche e di elettuarii, gli punzecchiava le papille del naso.
La Farmacia di Santa Fosca è celebre. Delle sue pillole miracolose si occupò più volte niente meno che il Gran Consiglio della Repubblica di Venezia. La sala, piuttosto vasta, appare molto solenne; un resto, perfettamente conservato, dell’arte barocca: grandi armadii tutt’intorno in legno massiccio, a pilastri, a cornicioni, a timpani, con riquadri arzigogolati e volute gobbe; sulla porta di mezzo, in faccia all’ingresso, il busto di un vecchio sapiente, in atto di consultare un librone enorme di farmacopea; sulla porta a destra il busto d’un giovine, che tiene una storta, e sulla porta a sinistra quello di un altro giovine, che pesta nel mortaio; all’alto dei frontespizii certe figure allegoriche di donne sdraiate e dorate; qua e là delfini e caducei. Il soppalco a travi regolari, dipinti in fiorami gialli, non ha una ragnatela; nelle scansie i vetri di maiolica, bianchi con gli ornati di fogliami celesti e le iscrizioni a lettere gotiche nere, i più grossi e panciuti nel palchetto più alto, in mezzo i mezzani e sotto i piccoli, stanno schierati l’uno accanto all’altro con una regolarità, dove s’indovina la mano avvezza agli scrupoli d’oncia.
Se la discorrevano insieme nella stanza vi-