Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
14 | vade retro, satana |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:16|3|0]]difficile a farsi, ma tanto più meritorio quanto è più basso e, aggiungerò, più schifoso l’oggetto a cui si rivolge.
— Ella parla d’oro, signor curato. Ammiro la virtù sublime, ma tutti non hanno, neanche secondo il Vangelo, l’obbligo di esser santi. Si può vivere da galantuomini, si può beneficare il prossimo anche nelle città, ed io mi sento nato per la vita civile. Ora veda, Don Giuseppe, quella signora, chiamiamola baronessa o altrimenti, mi dà quattro fiorini per visita e mi chiama quasi ogni giorno. Il mio salvadanaio ne gongola.
— Dottore, la signora Carlina non approverebbe questi sentimenti.
— E avrebbe torto. Posso io rifiutare a colui che invoca il mio ministero l’aiuto della mia scienza? Non ci sono altri medici nella valle; occorrerebbero sette ore od otto per averne uno: intanto il malato rischia di crepar come un cane. È poi lecito il distinguere un contadino da un signore, una donna onesta da una bagascia, o non si devono soccorrere tutti ugualmente? Mi dica lei, Don Giuseppe, se un peccatore, se una peccatrice implorasse, anche senza sentirsi in punto di morte, una parola dal ministro di Dio, una parola che potesse confortare, migliorare, illuminare un’anima sviata, avrebb’ella il diritto di dir di no? Stendere la mano al prossimo smarrito o perverso, aiutarlo a ritrovare la via diritta, non è forse il primo, il più sacro dovere del pastor buono? —