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164 | santuario |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:166|3|0]]tirò a sè lentamente, ma vigorosamente, sicchè mi alzai ritto di contro a lei, confuso e tremante. Mi prese il capo fra le mani, e si pose ad esaminarmi.
— I tuoi capelli, — bisbigliava, — sono mutati. Mi sembrano meno neri. Ti sei fatto radere la barba — e passava le mani delicate intorno alle mie guance ed al mento. — I tuoi occhi non brillano più del loro fuoco divoratore. Ma io, Giovanni, t’amo tanto, tanto! —
Aggrottava le ciglia come se tentasse di pensare. Avvicinò le sue labbra alle mie; io mi ritrassi; ma ella, che mi stringeva sempre il capo fra le mani, trattenendomi, pose la sua sulla mia bocca. Le labbra erano di ghiaccio, e il respiro di quella larva di donna pareva un lievo soffio gelato. Mormorò: — Dimmi che mi ami. Non sono sempre la tua sposa, la tua cara, la tua bella?
Nello studiarmi di retrocedere quasi insensibilmente e nel tentare di svincolarmi da quella stretta rigida, caddi sulla poltrona. La giovine si mise a sedere sulle mie ginocchia, circondandomi il collo con il braccio sinistro, mentre con l’altra mano m’accarezzava il volto. — Senti, ho freddo, — diceva. — Vieni, vieni a scaldarmi, — e mi sussurrava nell’orecchio delle parole, ch’io non volevo intendere. Intanto il fuoco illuminava di luce rossa e oscillante quei lunghi capelli d’oro, la faccia gentile, il collo, i seni nudi e turgidi.