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quattr’ore al lido | 185 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:187|3|0]]gno e di cuore, il quale nel mettere i piedi sulla soglia di una cattedrale bisantina o gotica non si sentisse invaso da un arcano senso di rispetto, e non interrompesse le parole che stava pronunciando; ma la vera chiesa di Dio è l’immensità. Lo stato naturale dell’uomo in faccia al mare è il silenzio.
Quei gruppi di persone staccavano bizzarramente sul campo del cielo, il quale diventava sempre più fosco: erano tinte intiere, senza ombreggiatura, che non trovavano nel tono del fondo nessuna maniera di fusione; e già i colori perdevano la loro vivacità nell’oscurarsi crescente della sera, mentre il contorno si distingueva tuttavia preciso e un po’ secco. A destra si muoveva una macchia nera di camerieri, i quali, non sapendo che cosa fare, discorrevano tra loro. Io intanto, assottigliando quanto più potevo la vista, fissavo ancora quelle due vele lontane, le quali, da fiammeggianti che erano quando il sole mandava loro gli ultimi suoi raggi, diventarono grigie, e poi via via più scure, finchè si dipinsero nere sull’aria già lugubre, e a poco a poco mi sfuggivano dallo sguardo. Già si riducevano ad una pennellata quasi impercettibile. Un minuto dopo non si discernevano più. Mi rincrebbe. In ogni veduta v’è un punto, al quale l’occhio si ferma con tenace predilezione; e quando sparisce ci si sente come strappare qualcosa, e si piglia quel caso semplice e inevitabile per un segno