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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:203|3|0]]— Puoi tu pensare che io abbia provato per nessuno ciò che provo per te? Non si può amare che una volta, una volta sola come io t’amo.
A poco a poco s’era avvicinata alla porta. Mi trascinò per la mano, dicendomi:
— Usciamo.
Avevamo fatto quaranta passi sulla strada, quando s’udì cigolare le imposte della porta della chiesetta. Si continuò la via verso il Santuario. Non passava un’anima. Ci fermammo qualche minuto nel vasto piazzale del tempio, circondato dai lunghi portici di mattoni, che al lume della luna parevano neri.
Le parole di Matilde, invece di confortarmi, mi avevano messo sossopra. Il cuore mi picchiava dentro con battiti furiosi e disuguali; avevo la gola arida: un fantasima mi camminava a lato, e mi guardava, sogghignando con una certa smorfia di canzonatura spietata, come se dicesse: — L’ho colto io il fiore di quell’affetto. Contentati dei resti. —
La voce non voleva uscirmi dalla strozza. Tacqui un pezzo. Matilde mi spiava di quando in quando con una occhiata rapida, senza aprir bocca. Non volevo toccare lì dove proprio mi doleva; mi vergognavo verso di lei, verso me stesso; temevo, sfogandomi, d’infuriare ciecamente; sentivo una profonda ripugnanza a funestare con acerbi e vani discorsi quelle ore, le quali dovevano essere