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il demonio muto 223

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III.


Ti scrivo di giorno all’ombra dell’antico padiglione e all’aria aperta, nel giardino ora tutto intralciato e spinoso, che sta innanzi al padiglione ed è protetto da balaustri spezzati e da pilastri, su cui piantano de’ mozziconi di Ercoli, di Diane e di Veneri! La roccia scende a perpendicolo dietro il palazzo, del quale da questa altura si dominano i tetti vicini; più giù, a sinistra, si vede la piazza del paese, e più giù ancora il ponte ed una lunga e sinuosa striscia di fiume.

È un’afa, che non si può respirare. Me ne sto qui da un pezzo a guardare le montagne ed il cielo. Le curve ripide e rotte del monte di San Gottardo alla destra e dell’altro, che gli sorge di contro, pare si tocchino a’ piedi, tanto è stretta la spaccatura del Chiese. In mezzo a quelle due chine brulle d’un colore cupo rossastro si vede quasi orizzontalmente il dorso celestino di un monte lontanissimo. Le nubi s’erano squarciate e, sul largo campo

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