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234 | il demonio muto |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:236|3|0]]il Santo pallido, smunto, salire faticosamente i gradini. Annunziò con voce fioca l’argomento della predica: Il Demonio muto. La sua parola era lenta, quasi stentata, ma tanto semplice, tanto chiara, che nasceva negli ascoltatori una certa maraviglia di non avere pensato prima da sè a così naturali discorsi. “Nell’animo nostro (egli diceva) noi nascondiamo quasi sempre, spesso senza volerlo, qualche volta senza saperlo, la memoria o il desiderio di un peccato. Come non lo confessiamo al prete, così non lo confessiamo a noi stessi. E pure quel punto, quella piccola ulcera venefica un po’ alla volta s’allarga, si estende e incancrenisce via via l’anima intera. Ci credevamo giusti, ci troviamo iniqui.„ E il Santo veniva agli esempii: la moglie, che dal grato ricordo di una stretta di mano scivola alla infedeltà; il negoziante, che dalla prima menzogna sul prezzo di una merce scende al fallimento bugiardo; il servo, che ruba prima un soldo sulla spesa, e poi, vedendo come la padrona non se n’accorge, ne ruba due, dieci, venti, e finisce col rubare nella borsa e nello scrigno; il giovinotto, che dal primo stravizio precipita all’ubbriachezza: e così per ognuno quasi degli ascoltatori c’era una parola che lo toccava dentro.
“Nella più remota e angusta cameretta del cuore alloggia il Demonio muto. Egli se ne sta lì accovacciato, arrotolato, silenzioso; ma poi, quando gli pare che l’uomo sia più distratto o più