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il demonio muto 239

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IV.


Oggi è stata una magnifica festa, di quelle che lasciano il cuore più sereno e più alto. Si cominciò ier sera con i fuochi sulle montagne. Tu avessi visto com’era bello quell’improvviso accendersi, quell’alternarsi di qua, di là, delle fiamme d’allegria, alla distanza di più miglia, dall’una e dall’altra parte della valle; e come pareva che le cime dei monti si rispondessero nel gaio linguaggio di fuoco! Le campane suonavano ora a distesa, ora a rapidi rintocchi, ed ora con una certa ingenua pretensione d’imitare qualche arietta popolare, senza colpa del campanaro se tre note su sette dovevano restar nel battaglio.

Verso le otto, che era ben buio, andai con la mia Menica nel mezzo del ponte, a godermi per una mezz’oretta questo spettacolo; e il Chiese, riflettendo i fuochi delle alture, pareva se la godesse anche lui.

Stamane poi all’alba è stato un scoppio di gioia. Mortaletti da tutte le parti, come

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