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30 | vade retro, satana |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:32|3|0]]testa: avrebbe voluto fuggire. La donna lo chiamò con voce soave come un liuto lontano.
Era sdraiata sopra un sofà nel solo angolo ombroso della stanza, lungo il lato delle finestre, in fondo, lì dove le pieghe delle ampie tende scemavano sui fianchi la luce e lasciavano come una insenatura fra il parato ed il muro.
— Si metta qui, signor curato, qui accanto, in questo seggiolone. Mi sento così debole, che appena appena posso parlar sottovoce.
Il prete rispose ruvido: — Scusi, ho fretta. Sono venuto perchè il medico mi aveva detto ch’ella era malata e aveva bisogno di me. Posso servirla in qualcosa?
— Sono malata, e come! Ma quel dottore sventato non capisce nulla. Ella, signor curato, dotto e santo com’è, può dirmi una parola, che mi conforti, che mi rianimi e, col ridonarmi la fede in me stessa e nelle cose del mondo, tornarmi forse la salute del corpo. Il mio male sta qui — . Si toccò il seno.
Era coperta d’una vesta a fiorami, che lasciava vedere tutto il collo, una parte del petto candido e il principio delle spalle rotonde, sulle quali cadevano, sciolti, i suoi capelli increspati, d’un biondo rossigno. Principiavano bassi, in riccioletti matti. Il naso appiccicato alla fronte, quasi senza incavo, con un piano vigoroso e largo; le narici gonfie, da cui la donna sbuffava alle volte al