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vade retro, satana 37

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Senso.djvu{{padleft:39|3|0]]gliarsi un nuovo malanno in tali disordini da scomunicati, e con quella maledettissima tosse, che non lo lascia mai stare. Figurarsi, sono ore queste da gironzare per le strade e da tenere alzati i galantuomini? Gliele voglio cantare secche, ma secche. Farebbe perdere la pazienza a san Luigi Gonzaga. — Tornava a guardare nell’oscurità e ad origliare; niente. Alla fine gli parve di udire in su, distante, il passo di un uomo; era un uomo, certo, che scendeva dalla montagna; il passo s’affrettava, rintronava; i cani abbaiavano: era il passo del curato. Allora il piccolo vecchio si pose dinanzi alla porta con il muso arcigno e gli occhi da cui schizzavano scintille di rabbia; aveva i pugni piantati sulle anche in atto di sfida, come se volesse impedire al prete l’ingresso della canonica, e già schiudeva le labbra per cominciare la ramanzina quando, vista la faccia del padrone, ammutolì e lo lasciò passare.

Borbottava tra i denti o per meglio dire tra le gengive: — Dio santo, che mutria! E come ha conciato i panni! Mi ci vorrà un mese a ricucirli e a rimetterli un po’ in assetto. Bella carità cristiana. —

Il curato passò il resto della notte all’inginocchiatoio, davanti al Crocifisso, che lo aveva salvato. L’alba fece parere più livido, più macilento, più contorto e più sanguinoso quel Cristo in croce, con la sua testa china incoronata di spine.

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