< Pagina:Serao - Cristina, Roma, Voghera, 1908.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
140 | sacrilegio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Cristina, Roma, Voghera, 1908.djvu{{padleft:142|3|0]] stesso si abbandonava in quello stato di dolore indolente, in cui manca la volontà per soffrire.
Così il rimedio fu cattivo quanto il male. Potevano scordare per un momento, ma appena soli, la loro coscienza si rialzava e li ingiuriava. Allora, per senso di vanità, mentendo a se stessi l’uno mentendo all’altro, sentendo la necessità, il peso e lo scorno della menzogna, dissero di volersi bene, di amarsi molto, di amarsi sempre. Ognuno diceva tra sè: ho il dovere d’amare, poichè ho tradito. Ogni giorno recitavano una commedia ignobile, pallidi, inetti, disgustati
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.