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VILLEGGIATURA.
È inutile contrastarlo: ai periodi bisogna crederci. Prima nemmeno io poteva ammetterli, ripugnando istintivamente da tutto quello che è monotono, cadenzato, convenzionale, rivoltandomi contro i partiti presi e le opinioni collettive. Confesso l’errore: il periodo esiste. Noi viviamo, soffriamo, ci divertiamo, amiamo per periodi che si seguono e si rassomigliano con ordine meraviglioso; noi, dimenticando facilmente, non ci accorgiamo che una cosa che eseguiamo e ci sembra nuova, è quella di tutti gli anni, della stessa epoca. Ci illudiamo, credendo avere impressioni nuove, sensazioni insolite; non è che una ripetizione continua e regolare di altre impressioni, di sensazioni obbliate. Vi sono due grandi fatti ad esempio: il carnevale e la villeggiatura.
Non vi pare che il desiderio di divertirsi ci abbia ad essere tutto l’anno? Nossignore, lo si raccoglie in un solo mese, sempre il medesimo — sempre il peggiore dell’anno. È allora che abbiamo l’obbligo di commettere tutte le follie che hanno fermentato nel cervello per undici mesi, è allora che si ha il dovere di ridere, di fare le più strane