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TRISTIA.

Per quella simpatia che ispira un visetto pallido e mezzo divorato da un par d’occhi grandi grandi — per quella attrazione che dispiega un corpicino gracile, esile, perduto nelle stoffe, pieno di dolci languori e di febbrili sussulti — per quella seduzione che esercita una fanciulla pensierosa, intelligente, ammalata e nervosa — per tutto questo e per altro ancora, Gemma era molto amata. Intorno a lei vivevano altre giovinette ridenti di bellezza e di salute; ma ella, senza fare neppure uno sforzo di civetteria, finiva per vincerle tutte. Dapprincipio destava interesse quella testina un po’ curva sotto il peso dei bruni capelli; quello sguardo incerto, stanco, molto spesso smarrito; quella bocca così vivida in quel pallore così cereo; quell’aria di donna che abbia molto amato e molto vissuto in pochissimo tempo. Poi veniva la pietà: si sapeva che la fanciulla era infermiccia, minacciata da una lenta consunzione; che non aveva più nessuno, solo una zia affettuosissima; che era obbligata a vivere sei mesi in campagna sei sul mare, e non ballare mai, e cibarsi come si ciba un uccellino; che in chiesa ed in teatro aveva

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