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III.

I due giovani che si erano incontrati e fusi così bene nel cuore della fanciulla, incontrandosi nella vita reale e sapendosi rivali, si guardarono in cagnesco: Leone prese Everardo per un pazzo ardimentoso, Everardo scambiò Leone per uno sciocco orgoglioso. Certo non potevano intendersi e molto meno apprezzarsi: andarono di accordo in un solo moto spontaneo, perchè l’indomani Flavia riceveva due lettere quasi identiche, la cui sostanza era la parola: Scegli.

La fanciulla provò un doloroso stupore, uno stringimento affannoso al cuore come se le avessero annunziato una grande sventura; credeva di fare uno di quei sogni terribili dove si cade, si cade sempre da una smisurata altezza e l’angoscia si prolunga sino al risveglio. Scegliere; doveva scegliere: perchè? Aveva tanto goduto, la sua vita era stata così completa e piena nell’amore! Scegliere: chi? Sentiva di amarli egualmente, sentiva che tutti e due le erano necessari, non poteva neppur figurarsi di dover annullare uno di quei nomi dalla sua mente, di cancellare una di quelle immagini dall’anima. Era impossibile, impossibile, impossibile. Le si chiedeva una cosa ingiusta, era sdegnata contro quella domanda. Tutto cadeva, tutto precipitava nel nulla; la bella armonia era turbata e rotta, la pace era scomparsa, bisognava scegliere: cioè amarne uno

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