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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Dal vero.djvu{{padleft:206|3|0]]si accendevano senza che se ne vedesse la mano; si sentiva libero e fresco di corpo, respirava a larghe boccate come se da lungo tempo ne avesse perduto l’abitudine, il sangue se lo sentiva scorrere vivo e giovane per le vene: era contento di sè e del mondo, senza saperne il perchè e noncurante di saperlo.
La sera, quando uscì per andare a teatro, incontrò ancora moltissima gente che passeggiava; alcune fanciulle più ardite avevano abolito il cappuccio di lana bianca ed inalberavano il cappellino della mattina; molti di quegli abiti maschili, informi, sgraziati, mostruosi, che si chiamano passamontagne, erano scomparsi: l’aria era buona. Al teatro non molta gente, lo spettacolo ottimo. Augusto si trovava pieno d’indulgenza, applaudì molto spesso; ma guardando nei palchi, lo colpì qualche cosa di strano, una curiosa combinazione senza dubbio. In uno due sposi novelli, lo si sarebbe scorto cento miglia lontano; daccanto due fidanzati, invigilati da una madre e da uno zio; più in là una fanciulla che fissava, fissata, un giovanotto della platea; altrove una moglie, un marito e il relativo amico del marito: la metà degli eleganti abbuonati delle poltrone che occhieggiavano coi palchi: amore dappertutto ed in tutte le forme.
Qui Augusto provò una stretta al cuore; era provveduto di una discreta dose di scetticismo, aveva cento volte messo in caricatura i giuramenti, le promesse, i sentimentalismi morbosi e le passioncelle proibite; si era atteggiato a spirito forte, ad uomo di esperienza, ma quella sera lo scetti-