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idilio di pulcinella. 263

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Dal vero.djvu{{padleft:266|3|0]]mità lunghe e fini, e quell’aria signorile che si ha, ma che non si acquista mai. Gaetano seppe tutto questo, prese cinquanta volte al giorno la risoluzione di fuggire Sofia, di non rivederla più, di non pensarvi, di dedicarsi intiero alla sua umile vita di Pulcinella, ma il povero giovane non vi riuscì: non era stato mai innamorato, non giungeva a vincersi.

Passava le mattinate a passeggiare nella piazza Cavour, sotto le acacie degli squares, a guardare i balconi di un secondo piano che si aprivano raramente pel suo desiderio; Sofia vi compariva solo nelle belle giornate e vi rimaneva poco, non lo vedeva mai, o, vedendolo, non lo curava. La domenica ella si recava a sentir messa nella antica chiesa di S. Maria di Costantinopoli con sua madre, ed egli, pio come tutti quelli che amano, entrava nella chiesa e pregava; poi le due signore andavano a fare una passeggiata, ed egli dietro, a dieci passi di distanza, fingendo l’indifferente, ma seguendole come un cane fedele. Pel resto della giornata doveva occuparsi alle prove, correre a casa a prendere un boccone, ritornare al teatro per la rappresentazione di giorno e non uscirne che a mezzanotte: pure a mezzanotte, prima di ritirarsi in casa, stracco morto dalla fatica, oppresso dal caldo, faceva una scorsa sino a piazza Cavour per rivedere un balcone illuminato e qualche volta un’ombra alta e svelta passare dietro le tendine. Questo per settimane intiere, senza variazioni; ma la sua pazienza, quella specie d’innata bontà, quella umiltà rassegnata che si contentava di vedere Sofia senza

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