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idilio di pulcinella. | 265 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Dal vero.djvu{{padleft:268|3|0]]ch’essa egualmente bella ed onesta. Il giovane aveva una professione, lavorava di certo in quelle ore che non lo si vedeva apparire; forse per soverchia umiltà aveva firmato le sue lettere col solo nome di battesimo, temendo che la nudità del suo cognome borghese non dovesse offendere la fanciulla. Sofia sentì di stimarlo per la sua condotta passata, per quella presente; la madre, desiderosa come tutte le madri di vedere collocata la figliuola, la incoraggiava dolcemente; ella rispose poche parole, con serietà, ma senza freddezza. Lo stimava, voleva conoscerlo; forse lo avrebbe amato.
Egli andò per la prima volta in quella casa tremante di emozione, dominato da una strana ansietà; avrebbe voluto essere perfettamente contento e credeva di esserlo; ma ogni tanto, come per una nuvola nera, la sua gioia s’intorbidava ed egli si spaventava per un ignoto pericolo. Dopo si dava del matto, del presuntuoso, dell’incontentabile; chiamava in aiuto il suo amore, la sua franchezza, la lealtà del suo cuore e delle sue intenzioni; pensava che un mese, una settimana prima non avrebbe neppure sognato una simile fortuna — e si rassicurava. Pure al cospetto delle due donne fu timido ed impacciato, non osava guardare Sofia, non sapeva se darle del lei alla toscana o del voi alla napolitana; le parole cascavano lente, un invincibile dubbio lo arrestava. La fanciulla lo comprese e vide che era mestieri aiutarlo, restituirgli un po’ del suo coraggio; gli parlò lei, con bontà, cercando di raddolcire l’espressione del suo volto, giungendo sino a sorridere; egli si animò, divenne più franco, superò completamente il