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VOTAZIONE FEMMINILE.

Nel novembre venturo, quando si discuterà la legge sulle elezioni comunali e provinciali, i deputati emancipatori faranno molti passionati discorsi. Essi diranno, per la milionesima volta, che la civiltà italiana differisce poco da quella ottentotta per quanto riguarda la donna; che l’Europa ci guarda (non sa far altro, povera Europa!); che per formare la felicità delle donne italiane, bisogna conceder loro il voto amministrativo. La Camera esita; poi si turba, si commuove al quadro straziante delle donne italiane pronte a suicidarsi, se vien loro negato il voto, ed il voto è accordato. Ma questo non basta — non basta dare un diritto senza fornire l’occasione di farlo esercitare. Quindi il governo farà bene a sciogliere tre o quattro municipii, o i municipii avranno lo spirito di sciogliersi da sè stessi. Mi figuro allora che cosa vorrà succedere.

Grande agitazione in tutti i boudoirs, congiure nei salotti, dialoghi vivaci agli angoli delle strade, nei magazzini di mode, nei palchetti dei teatri: non

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