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42 | dal vero. |
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— Ho detto qualche cattiveria?
— No, cara, no; hai ragione. Chi ama, sposa. Il difficile è farsi amare — e sospirò lievemente.
— Farsi amare, farsi amare! — ripetè irritata Lulù. — È facilissimo, Sofia; ma quando, come te, si ha la fronte severa, gli occhi tristi e la bocca senza sorrisi; quando si vestono abiti oscuri; quando si va in un angolo a pensare, mentre tutti gli altri ballano e scherzano; quando invece di ridere si legge, ed invece di vivere si sogna; quando, giovane ancora, si ha l'aria stanca e vecchia, allora è difficile esser amata.
Sofia abbassò il capo, e non rispose. Le tremavano un poco le labbra come se comprimesse un singhiozzo.
— Ti ho afflitta di nuovo? — domandò Lulù. — Gli è che vorrei vederti amata, circondata di affetto, e sposa... Che piacere se fossimo spose lo stesso giorno!
— Follie queste: io resterò zitella.
— Nossignora, ve lo proibisco, cattiva creatura. Se Roberto è un galantuomo, deve avere assolutamente un fratello celibe; io voglio che abbia un fratello celibe; lo voglio!
In questa entrò la madre, in abito da uscire.
— Vai fuori, mamma? — disse Lulù.
— Sì, cara, vado dal notaio.
— Uh! dal notaio! Roba grave è questa.
— Ve ne accorgerete, signora burlona. Sofia, vieni un istante meco.
— Anche Sofia ha degli affari tenebrosi col notaio?