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NUOVA CACCIA.

Oh, i bei tempi delle antiche caccie! Lunghissime corse dietro una problematica lepre o una volpe astutissima, colazioni succolenti e sonni profondi, campagne, boschi, colline, dove siete più? La civiltà vi ha distrutte, o belle caccie dei nostri padri: la civiltà, col suo noioso fumo della vaporiera, con le sue armi di precisione, con le sue larghe strade, con le sue nuove occupazioni. Non vi sono più caccie: le ultime si sono rifugiate fra le montagne del Tirolo, in Russia, in Africa, ma da noi l’è finita. Adesso quasi nessuno più si alza allo spuntar dell’alba, per infilare la giacca e gli stivaloni, e ponendosi ad armacollo il fido fucile andarsene a minacciare le filosofiche riflessioni di un tordo o le rumorose moine di una pernice: bisogna andare alla Borsa, al giornale, al circolo, al caffè, soffocare in una sala angusta, piena di fumo e di malignità che si svolge nell’ambiente, opprimersi il cervello con le solite notizie, le usate ed abusate freddure, i quotidiani scandali; fare una cattiva colazione, un peggior pranzo: e poi di nuovo là, donde si esce affranti senza aver camminato, stanchi senza aver lavorato, vuoti di spirito ed annoiati — Oh la civiltà, miseria della nostra epoca!

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